
Come avrete potuto leggere dagli articoli sull’epicondilite mediale (o epitrocleite )presenti sul mio sito (se non l’avete fatto, trovate i link in fondo alla pagina), questa problematica è stata per me uno dei motivi per cui ho cominciato a fare della mia passione un lavoro.
Ma cos’è successo esattamente e come sono riuscito a “guarire”?
La risposta lo troverete in questo pensiero olistico che, raggiunto il venticinquesimo episodio, si “fonde” con il mio lavoro per la prima volta.
L’INIZIO E LA SCOPERTA.
Era il 2003, e avevo da poco finito le scuole superiori, che non amavo, e avevo trovato un lavoro come geometra presso una ditta di serramenti, che non amavo. Così, come molti fanno, cercavo negli hobby una “valvola di sfogo”. A 20 anni ero un appassionato di musica, e così provai a cimentarmi nella batteria. Il mio sogno era quello di diventare un batterista, di suonare in un gruppo rock e sfondare. Dopotutto, perché non fare della propria passione un lavoro? Trovai una scuola, un maestro e cominciai, ed ero anche abbastanza bravo. Solfeggio, studio delle “note”. Mi applicavo, mi portavo via l’allenatore per esercitarmi, e la fatica era ripagata. Sognavo già il palco.
Fino a che, un giorno, non successe il fattaccio.
Ero lì, impegnato a fare un esercizio che non riusciva, e arrabbiato sfogai la mia rabbia sulla batteria. Mai avrei pensato che il rinculo facesse spezzare la bacchetta. Ne presi un’altra, incurante del dolore e continuai fino al compimento dell’esercizio. Salutai il mio maestro e tornai a casa, già il dolore “da freddo” si faceva sentire, ma mi permetteva di fare tutto quello che dovevo fare.
Già nel giro di qualche giorno le cose peggiorarono, non riuscivo a stringere le cose (dalla penna, a difficoltà a usare il mouse, a usare un cacciavite o tenere un bicchiere in mano). La bacchetta della batteria, figuriamoci. In più, aggiungeteci anche il fatto che sentivo dei fastidiosi formicolii che andavano fino al polso. Il dolore, logicamente, era molto forte. Soffrivo forse di tunnel carpale? O forse c’era qualcosa di un po’ più grave di un’infiammazione?
Per rispondere a queste domande, mi recai dal medico di base, che banalmente parlò di infiammazione al gomito, dandomi della schiuma infiammatoria e riposo. Andai avanti per i 10 giorni che mi prescrisse, e sembrava che tutto fosse risolto. Così tornai a suonare, ma… appena fatta la prima rullata la bacchetta mi cadde.
Tornai dal dottore, e lui mi disse che pensava fosse una cavolata, ma SE ci tenevo, potevo andare a fare una visita da un ortopedico.
Andai in un famoso poliambulatorio di Padova, dove mi fecero radiografia e elettromiografia (fastidiosissima). Dopo aver visto questi esami, la diagnosi fu: “epitrocleite grave e cronica del braccio dx, si consiglia il termine delle attività e consiglio ciclo di 10 sedute di ultrasuono e laserterapia”. Dopo 3 mesi dall’infortunio si parlava già di una cosa cronica? All’epoca non avevo logicamente le conoscenze che ho ora, e feci quello che mi fu prescritto. E poi un altro ciclo. Il dolore passò, ma mai del tutto. Non riuscii più a suonare e rimasi con la sensazione che il mio braccio destro fosse sempre rigido. Fino a che…

INTERMEZZO, LA PRIMA “CURA”.
…non cominciai il mio percorso di studi in Massofisioterapia. Lo studio del corpo umano, della patologia, dell’ortopedia mi portò a scoprire che per poter eliminare una problematica dal punto di vista sintomatico bisognava abbinare delle tecniche manuali alla fisioterapia strumentale. Oltre all’infiammazione bisognava infatti trattare anche tendini (e muscolatura annessa) per un risultato migliore.
Ebbi anche la fortuna di ricevere dei trattamenti di massaggio trasverso profondo da una mia insegnante, dolorosi, ma alla fine del trattamento per 5 giorni riuscivo a lavorare senza problemi. Iniziai a trattare anche le mie prime persone con buoni risultati. Le tecniche potevo usarle anche da solo.
Arrivai alla fine del mio percorso con in mano un diploma che mi permetteva di lavorare e rendere la vita migliore a molte persone nella mia situazione (e anche in altre, come potete leggere nei miei articoli).
Avevo un paio di domande nella mia testa:
bisognava per forza “fare male per far star meglio”?
Non era riduttivo lavorare solo su una zona?
E collegata alle due domande precedenti, c’era un altro metodo o una “filosofia” che potesse trattare non solo una problematica (rendendo tutti i trattamenti uguali), ma anche la persona nella sua interezza?
C’era un modo che non prevedesse continui trattamenti?
Le risposte a questa domanda dovettero attendere per un po’, ma arrivarono, e sconvolsero il mio metodo di lavoro.

CONCLUSIONI
Dopo il diploma cominciai vari corsi di aggiornamento. Volevo conoscere di più, visto che ogni due settimane dovevo autotrattarmi vari muscoli e fare dello stretching analitico (solo sulla zona del dolore), per non sentire fastidi.
Le cose migliorarono un po’ quando feci il corso di massaggio miofasciale, tecnica più leggera del massaggio trasverso profondo, ma da sola non risolveva del tutto il problema. Arrivavo al massimo a un paio di mesi di “benessere”.
Iniziai dei corsi di riflessologia, spiegati sia dal punto di vista occidentale che orientale, e arrivai a comprendere grazie al Triangolo del Benessere (o della Salute, fate Voi), che l’Uomo non è solo “parti anatomiche” sconnesse.
Anzi, è una macchina, dove carrozzeria, parte elettrica e carburante devono lavorare insieme per poter permettere l’osmosi, ovvero l’Equilibrio.
Avevo molta confusione in testa, perché le informazioni erano molte. Ma già usando le varie tecniche riflessogene vedevo che i risultati erano più stabili. E più duraturi.
L’insegnamento da parte di Massimiliano Fabbri (se mi stai leggendo, grazie Max!) mi aiutarono a mettere chiarezza e a capire come procedere nel Trattamento delle persone che si rivolgevano a me. Inoltre, mi insegnò anche lo Stretching dei Meridiani, che aiuta chi svolge questi esercizi ad allungare il Nostro corpo. Lo fa in maniera molto semplice visto che è in realtà una ginnastica posturale, solo che è stata inventata più di 2000 anni fa in Cina.
Con queste tecniche in mano riuscii ad ottenere due risultati:
i miei dolori causati dall’epitrocleite sono scomparsi: grazie all’uso di tecniche riflessogene, punti di agopuntura stimolati in digitopressione, tecniche miofasciali e di induzione muscolare nel periodo in cui il dolore fu più forte (acuto) e poi, per mantenere il benessere, con esercizi di stretching che faccio tutt’oggi.
Queste tecniche le utilizzo anche a chi si rivolge a me. Una volta finito il percorso la persona potrà scegliere se continuare con trattamenti di mantenimento, lo stretching o mettere fine al percorso (potendo finalmente stringere la mano o gli oggetti che non poteva più tenere in mano da molto tempo).
Dopo 17 anni (nel momento in cui Vi scrivo è il 2020) posso dirVi che questa fastidiosa problematica è solo un lontano ricordo.

IL PERCORSO, LA MIA “RICETTA” PER IL RITORNO AL BENESSERE, AL RIEQUILIBRIO, ALLA “SALUTE”.
Il percorso di Trattamenti che utilizzo per eliminare questa problematica prevede:
una prima seduta conoscitiva, importantissima per conoscere la persona, dalle sue abitudini, allo sport che fa, al suo “passato clinico”, per capire quale trattamento e quali tecniche sono più adatte a lui.
Il Trattamento, un insieme di tecniche che devono essere sapientemente mixate sulla persona (come un cocktail, o una ricetta). Possiamo trovare tensioni di origine muscolo-articolare, psicosomatica o alimentare, che verranno trattate con la manovra più adeguata. Ogni seduta potrà essere simile o diversa all’altra in base a quello che sente la persona o il grado di fastidio che presenta.
Per farvi un esempio (che non dev’essere preso come regola), un percorso di Trattamenti potrebbe essere così composto:
Prima seduta: con scheda verbale e test per capire il grado di questa problematica. Nel tempo rimanente, prima seduta riflessogena riequilibrante.
Dalla seconda seduta: R.P.B., con tecniche di riequilibrio, trattamento della zona cervicale (molte persone che soffrono di epicondilite o epitrocleite sovrautilizzano questa zona che va a “”scaricare” nella zona del gomito), trattamento dei punti del gomito (cerniera del gomito), punti di scarico sulle gambe e sulle braccia.
Come tecniche accessorie possono essere usate: stretching passivo posturale, esercizi di respirazione, trattamento sintomatico dei trigger point del gomito e della spalla/cervicale e manovre miofasciali per rilassare (cosa che viene fatta anche in ambito riflessogeno), applicazione di kinesiotape.
Il numero di sedute varia da persona a persona.
La Riflessologia Posturale Biodinamica permette di lavorare direttamente sulla causa del problema, grazie all’uso di una valutazione globale sul paziente (per permettere un percorso di Trattamenti personalizzato) e l’uso delle tecniche di cui Vi ho fatto esempio in questo articolo.
Vuoi risolvere questa problematica che ha causato anche a me parecchi “fastidi” (se non peggio)?
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Lorenzo Benetti
Lorenzo Benetti, Massofisioterapista iscritto all‘albo speciale nr. 45, Massaggiatore Sportivo, Riflessologo. Cod.fisc BNTLNZ83B27D325T,
P.IVA 03723580274
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