Nell’articolo precedente si parlava di una linea guida generale, dove dividiamo il trattamento della distorsione in:
Fase acuta (che varia in base al grado di lesione) dove il trattamento che effettueremo è composto da:
Fasciature a compressione elastiche e crioterapia (continua o ad intervalli) per controllare il versamento
Riposo con arto antideclive (48 – 72 ore)
Farmaci antinfiammatori od antiedemigeni
Terapie fisiche dal 3° giorno per l’incremento di drenaggio del microcircolo.
Quando il paziente esce dalla fase acuta si passa alla Fase subacuta in cui cominceremo con il trattamento riabilitativo.
Il trattamento ha come obiettivo il raggiungimento di tre scopi:
Risolvere l’edema e la sintomatologia dolorosa,
Recuperare la funzione articolare,
Ripristinare la stabilità dell’articolazione.
I tre obiettivi non devono essere eseguiti contemporaneamente, ma devono essere ricordati in ogni passaggio del trattamento, che ha tempi diversi a seconda della gravità della lesione.

Il recupero della mobilità articolare.
Il recupero della funzione articolare è un importante obiettivo raggiungibile mediante la chinesiterapia.
La chinesiterapia comprende:
tutti i metodi che portano al recupero dell’articolazione della caviglia,
al mantenimento dell’escursione fisiologica dei movimenti articolari della caviglia,
Tra le tecniche tradizionali della chinesiterapia si utilizzano:
chinesi passiva: mobilizzazione passiva in rilassamento e mobilizzazione passiva forzata.
Chinesi attiva: libera e con contro resistenza.
La chinesiterapia passiva
La chinesiterapia passiva ha molta importanza nella fase iniziale di recupero della funzione articolare e presuppone la conoscenza della fisiologia articolare della caviglia e del piede.
Le mobilizzazioni passive interessano dapprima la flesso-estensione e successivamente l’adduzione e l’abduzione.
La chinesiterapia attiva.
La chinesiterapia attiva sostituisce progressivamente quella passiva, prima con mobilizzazioni attive libere, poi con la contro resistenza. Nel recupero della funzione articolare agisce migliorando la forza, la resistenza e la coordinazione della muscolatura estrinseca del piede. Essa prevede esercizi analitici del piede e i movimenti di inversione ed eversione, che possono essere eseguiti in modo isotonico o isometrico, permettendo nel primo caso il movimento, anche se con contro resistenza, e bloccandolo nel secondo caso.
Il ripristino della Stabilità Articolare.
Il ripristino della stabilità costituisce un momento essenziale della rieducazione della tibiotarsica e, in parte, l’avvenire dell’articolazione dipende dalla qualità di questo risultato.
Quindi non ci si deve accontentare solo di restituire l’articolarità e ridare tono ai muscoli, mezzi di contenzione attiva dell’articolazione, e trofismo agli elementi capsulo-legamentosi, considerati solo mezzi di contenzione passiva, perché ciò non è sufficiente e garantire anche la stabilità.
Gli obiettivi che vogliamo raggiungere con la rieducazione propriocettiva, intesa come riprogrammazione motoria, sono 2:
Ricollocare il piede nello spazio, mediante una rieducazione che ripristini la capacità di allarme permanente dei recettori
Il restauro del fisiologico afflusso di informazioni propriocettive esatte e non alterate.
La metodica utilizzata per raggiungere questi obiettivi e ripristinare la stabilità articolare è la rieducazione propriocettiva.

Riflessologia Posturale Biodinamica (R.P.B.)
Se non avete risolto o quantomeno non avete migliorato le Vostre problematiche alla caviglia con gli interventi classici (distorsioni, rigidità, poca mobilità, dolore, ecc.) è indispensabile che il terapista adotti una visione olistica, in modo da capire e interpretare l’origine della problematica, andando alla ricerca della causa.
Questa articolazione è spesso associata alle articolazioni del bacino.
Sarebbe più giusto collocare le problematiche della caviglia in una più ampia e possibile disfunzione. Per questo motivo, se non c’è stato un trauma recente, questa articolazione è spesso associata alle articolazioni del bacino (compresa l’anca, il pube e i muscoli essa associati).
Questo succede perché se una parte del corpo sta causando dolore, altre regioni del corpo cercano di compensare per cercare di “sostenere” l’area tesa.
Ad es., se ila caviglia è rigida, potrebbe indurre una persona a cambiare modo di camminare o correre. O portare ancora più stress in altre aree del corpo come i fianchi, creando ulteriori lesioni.
Il dolore può spesso essere gestito con successo. Ricordandoci che il processo in alcuni casi può essere lungo.
La Riflessologia Posturale Biodinamica aiuta la persona che non migliora le sue problematiche alla caviglia:
a ricercare la causa mediante una valutazione approfondita,
ad aumentare la circolazione locale per eliminare eventuali residui infiammatori,
ad allentare le tensioni muscolari e connettivale che potrebbero limitare la mobilità.
Vuoi risolvere i Tuoi problemi alla Caviglia? a Dolo (VE) o Albignasego (PD).
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Lorenzo Benetti
Lorenzo Benetti, Massofisioterapista iscritto all‘albo speciale nr. 45, Massaggiatore Sportivo, Riflessologo. Cod.fisc BNTLNZ83B27D325T,
P.IVA 03723580274
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Approfondimenti.
Chinesiterapia passiva: approfondimento.
A seconda del grado di rigidità dell’articolazione si possono utilizzare:
La mobilizzazione passiva in rilasciamento: è eseguita dal terapista senza la collaborazione del paziente, per conservare libera l’articolazione e prevenire retrazioni capsulo-legamentose e tendinee.
La mobilizzazione passiva forzata: sostituisce la precedente nei casi di rigidità articolari conseguenti all’immobilizzazione, quindi viene effettuata non per prevenire eventuali complicanze, ma per vincere quelle che già ci sono. Il terapista può eseguire questa manovra usando una forza continua e progressiva, oppure applicando una forza brusca e discontinua.
Essendo la chinesiterapia passiva analitica a livello delle articolazioni, vale la pena di osservare la manualità di alcune di queste mobilizzazioni:
Articolazione sottoastragalica: per questa articolazione si possono applicare due tipi di tecniche:
La mano del terapista afferra il calcagno e lascia riposare la pianta del piede sul suo avambraccio, mentre l’altra mano mantiene salda la pinza malleolare
Il terapista afferra il calcagno del paziente con una mano, mentre l’altra controlla il movimento al di sopra del piede.
Con una o l’altra manovra si devono imprimere all’articolazione movimenti di abduzione e adduzione del retro piede.
Articolazione tibiotarsica: a seconda che l’articolazione sia più o meno dolorosa:
Il terapista appoggia il suo avambraccio alla faccia plantare dell’avampiede e contemporaneamente la mano afferra il calcagno.
Utilizzando invece due mani, con una afferra il calcagno, mentre con l’altra oppone un movimento di flessione dorsale o plantare a livello delle teste metatarsali.
RIPRISTINO STABILITA’ ARTICOLARE: Approfondimemto.
Il ruolo delle strutture capsulo-legamentose
Il manicotto capsulo-legamentoso non può essere ritenuto un elemento anatomico di contenzione passiva ed inerte, ma bisogna ricordare, soprattutto agli effetti terapeutici, alcune sue peculiarità funzionali:
La tensione capsulo-legamentosa dipende sia dalla connessione dei fibroblasti che dalla capacità di questi ultimi di orientarsi e moltiplicarsi in funzione della direzione e dell’importanza delle sollecitazioni meccaniche indotte sulle articolazioni.
Gli organi nervosi propriocettivi, contenuti nelle capsule e nei legamenti, emettono segnali di ritmo variabili secondo la forza, la velocità e la direzione di movimento.
Ne consegue che in una lesione capsulo legamentosa si crea un grave danno funzionale, non solo per l’instabilità meccanica residua, ma anche per la grave e profonda perturbazione delle afferenze propriocettive tali da favorire le condizioni di una recidiva.
La propriocettività e il ruolo della rieducazione propriocettiva
E’ bene allora, prima di spiegare come si ottiene la stabilità della caviglia dal punto di vista fisioterapico, soffermare la nostra attenzione a quelle strutture il cui compito è proprio il controllo e la regolazione della funzione antigravitaria.
Queste sono rappresentate dai meccanocettori profondi o propriocettori.
Per il senso di posizione e di movimento i recettori sono localizzati a livello articolare o par articolare e consistono in corpuscoli di Pacini, in corpuscoli simili a quelli di Ruffini e in strutture simili agli organi tendinei del Golgi.
I primi sono a rapido adattamento e servono presumibilmente ad informare sul movimento dell’articolazione. I secondi scaricano in fase di movimento e tanto più rapidamente quanto più il movimento è rapido, ma al cessare del movimento la scarica si riduce ad un valore che è stabile per la posizione raggiunta. Forniscono, quindi, una informazione dinamica estatica. I terzi hanno modesta componente dinamica e scaricano, prevalentemente, in rapporto alla posizione raggiunta. A questi si aggiungono altri recettori periferici che partecipano allo stesso controllo: i fusi neuromuscolari e gli organi muscolo-tendinei del Golgi.
I primi sono recettori molto specializzati compresi tra le fibre muscolari scheletriche, sensibili allo stiramento lungo il loro asse maggiore. Sono responsabili, oltre del tono muscolare, anche dei riflessi mio tattici in cui l’allungamento di un muscolo determina in via riflessa l’aumento del tono o la contrazione del muscolo stesso.
La loro scarica, nel caso del riflesso mioattico, provoca la contrazione del muscolo il cui fuso è contenuto e, contemporaneamente, determina la contrazione dei muscoli sinergici e il rilasciamento di quelli antagonisti.
Gli organi tendinei del Golgi sono localizzati nel punto di unione tra tendine e porzione contrattile dei muscoli. Lo stimolo efficace ad eccitarli è lo stiramento del tendine nella contrazione muscolare.
I loro segnali intervengono in riflessi di auto inibizione, in quanto la loro scarica recettoriale attiva interneuroni inibitori che agiscono sul pool moto neurale innervante il muscolo stesso.
L’insieme di queste informazioni raggiunge le corna posteriori del midollo e attraverso le vie propriocettive arriva ai centri superiori, dove viene integrato dai nuclei vestibolari, dal cervelletto e dalla corteccia.
Alcuni propriocettori non partecipano però alla propriocezione cosciente, come i fusi neuromuscolari e gli organi muscolo tendinei del Golgi, perché sono di integrazione spinale.
Il sistema nervoso centrale, dopo questa integrazione, realizza una risposta adeguata e, il più possibile, armoniosa in base alle informazioni ricevute. Si capisce ora come una compromissione dei propriocettori, in seguito a un trauma discorsivo, possa causare la trasmissione di una informazione errata, incompleta, tardiva, con la conseguenza di una risposta inadatta. Ecco perché la funzione importantissima degli apparati capsulari e legamentosi non deve essere più ritenuta solo meccanica, ma anche di induzione nel gioco dei coinvolgimenti riflessi della difesa articolare.
Lo scopo della rieducazione è quindi quello di rimettere in guardia quei fattori di stabilizzazione attiva che il trauma ha in qualche modo privato della connessione con le strutture informative, anche se non possiamo sicuramente che un programma riabilitativo di questo tipo possa ricostruire l’anatomia funzionale precedente a questo tipo di lesione. Per questo motivo l’interesse è posto nel sollecitare i diversi meccanocettori non danneggiati e creare così fonti di informazioni, vicariati da altri meccanismi zonali ed extrazonali di analogo significato, che possano contribuire alla stabilità dell’articolazione.
L’addestramento della sensibilità profonda valorizza questi feedback propriocettivi, usualmente sottoutilizzati, arrivando così ad un compenso del deficit propriocettivo.
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