Oggi, complice il bel sole che splende nel cielo, son uscito in giardino e mi son sdraiato sull’erba. Ho chiuso gli occhi e mi son goduto quei momenti di pausa e silenzio, con l’aria che mi solleticava il corpo e il terreno che mi facevano da “materasso” naturale. Dopo qualche minuto la mia mente si è tranquillizzata, in una sorta di meditazione. In questo stato di rilassamento mi è sorta una riflessione: viviamo un momento storico in cui abbiamo perso di vista l’importanza della semplicità. Abbiamo sempre fretta di correre, mille cose da fare e non abbiamo mai tempo di fermarci per pensare a quello che stiamo facendo. Guardiamoci intorno: pandemie, l’ex partner che ci ha mollato, i clienti che non capiscono, i politici che rubano, l’amico che è troppo single o quello troppo sposato, i figli che rompono le scatole e non capiscono quanto ci sacrifichiamo e mille altri esempi.
Tutto sembra fatto apposta per rompere il Nostro equilibrio che tanto abbiamo faticato per raggiungere. Se per qualche motivo questa situazione ci viene a mancare, il Nostro Mondo crolla sotto i Nostri piedi. Penso di poter dire, a nome di tutti, che ognuno di Noi vive una vita piena di problemi, e ognuno di Noi ha i suoi metodi per uscire da un problema.
Ma non potrebbe essere che abbiamo perso di vista le questioni più importanti?
- La semplicità di una persona che sorride, anche con gli occhi,
- la semplicità di un abbraccio, e il calore che ci trasmette,
- la semplicità di cucinare per il gusto di farlo (che sia per Noi o per qualcuno a Noi caro), non per metterlo su un social,
- la semplicità di una chiacchierata fra amici davanti a una birra, un cocktail, un bicchiere di vino o un caffè e amaro, perchè si ha voglia farla, non perchè è un appuntamento in agenda da depennare o perchè si ha paura di rimanere soli.
- La semplicità di condividere qualcosa con gli altri, perchè avere una passione è anche parlarne per permettere anche agli altri di crescere.
La semplicità arriva alla fine di un percorso (fatto di esperienze): si arriva a spiegare un concetto in maniera semplice dopo aver studiato molto (per esempio per un esame universitario), si ricordano dopo anni grandi serate partite da semplici chiaccherate (condivise con pochi amici con i nostri stessi interessi), si arriva a un grande obiettivo con l’unione di tanti piccoli passi, si riesce a ricavare un ottimo piatto da ingredienti semplici (pochi, e di qualità), dopo aver cucinato tanto.
Il piatto di oggi è di uno dei cuochi che amo: il salmone marinato a secco di Alessandro Borghese. Un piatto creato da uno chef che si rinnova da tanti anni: con una semplice tecnica di cucina riesce a creare un piatto eccezionale. Un po’ rivisitato secondo i miei gusti! 🙂
Salmone marinato a secco (le quantità variano in base alla grandezza del filetto)
1 filetto di salmone fresco da pescheria (circa 300 gr)
1 kg sale grosso
1 kg zucchero di canna
Fette di pane integrale q.b.
Burro ammorbidito q.b. (l’occorrente per imburrare leggermente le fette di pane)
Carta da forno o garza alimentare (per coprire e asciugare il salmone)
Preparazione
Prendo un contenitore (io personalmente uso una pirofila).
Prendo un pezzo di carta forno: la taglio in modo che possa poi chiudere il tutto.
Adagio il filetto di salmone con la pelle in giù.
In una terrina mescolo bene il sale con lo zucchero e verso il composto sopra il salmone.
Chiudo con la carta forno. Per chiudere meglio adagiateci qualcosa (ad esempio io ci metto dei piattini da caffè o un piatto).
Metto in frigo per 3 giorni. (come nella vita, per cucinare e assaporare cibi bisogna darsi il giusto tempo)
Passati i tre giorni, tiro fuori dal composto: vedrete che il salmone ha perso i suoi succhi, lasciando il composto di sale e zucchero “caramelloso”. Inoltre, sarà normale che lo vediate cambiato di colore.
Prendo il filetto marinato, lo sciacquo e lo asciugo.
A questo punto, posso tagliarlo verticalmente in fettine.
Possiamo mangiarlo “a secco”, o accompagnato a delle fette di pane dorate con un leggero strato di burro sopra.
Vi lascio con una poesia, consigliatami da un uomo saggio, di Constantino Kavafis: a Itaca.
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