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Amore…sarà mica un tiro alla fune?!?

Riflessioni Profonde sulle Relazioni e sull’Individuo nella Coppia.

Ah, l’amore… L’apostrofo rosa fra le parole “ti amo”… Quello che molte donne e molti uomini bramano…

Nella letteratura e nell’arte è un sentimento abusato: ne sentiamo parlare già nei miti degli Antichi Greci, dove si “ricerca” l’altra metà della mela. Vogliamo poi citare tutte le fiabe portate sullo schermo dalla Disney, dove in un tripudio di pizzi, merletti, ladri diventati principi o principi diventati lama si finisce sempre con la scritta “…e vissero felici e contenti”?

Seguire il modello che queste storie ci raccontano porta (consciamente o inconsciamente) gli individui che compongono la coppia a colmare le proprie lacune con l’altro e viceversa.

Sto con l’altro/a perchè mi rende più sicuro, più forte, più importante, più agiato, ecc…, in modo che esso/a possa colmare il mio Vuoto, una mia mancanza o, peggio, perchè così posso risultare più forte, per avere una valvola di sfogo, posso far vedere come dominare un’altra persona (rendendo un Vuoto una voragine), e mille altri motivi.

La relazione diventa così un atto di forza inconscio in cui le persone si dicono “sono più bravo/bello/innamorato/coccoloso/puccioso” di te.

Se dobbiamo parlare in questi termini, credo che l’amore (e tutte le altre relazioni) sia un continuo tiro alla fune, dove la risultante delle forze dev’essere uguale e contraria, con il risultato di zero.

Se pensate bene a questo “sport contadino”, l’obiettivo è quello di mettere il sedere a terra dell’altra squadra, questo facendo prevalere la propria forza su quella dell’avversario. Ed è quello che succede anche nelle relazioni più o meno tossiche, in cui un componente della coppia cerca di dimostrare all’altro che “lui/lei si sta impegnando di più”, ad es.

Badate bene, se pensate di non aver mai effettuato questo tiro alla fune, in realtà vi sbagliate di grosso. Un biologo di Harvard, Haug —>  studiò la lotta inconscia tra madre e bambino nel grembo per le sostanze nutritive: i vasi sanguigni della placenta invadono i tessuti materni prendendo sostanze nutritive, la madre a sua volta cerca di ostacolare queste invasioni al fine di non divenire troppo debole per potersi prendere cura del bambino; se il feto tira troppo rischierà di rimanere orfano, se la madre si oppone troppo rischierà di avere un bambino debole e poco vitale.

Altre persone smettono di tirare la fune, perchè stanche di continui litigi o semplicemente non hanno mai litigato in vita loro, per paura di perdere l’altro (o rimanere da soli?)

Altri ancora pensano di essere più forti, di aver sempre ragione, così continueranno a tirare ora tantissimo da una parte, ora tantissimo dall’altra, fino a che la corda non si spezza.

Cosa fare allora per vivere bene in una relazione?

Nella mia vita ho (e ho ancora) scoperto che non esistono parti di mela, tiri alla fune e non esistono neanche prove di forza continue. Esistono solo 2 persone che hanno deciso di camminare insieme in quella lunga strada chiamata vita. Ognuno dei due individui ha una propria personalità, manie, aspirazioni e hobby che è giusto che continui a coltivare: non bisogna privare l’altra persona dei suoi interessi o di alcuni modi di pensare (in altre parole, cercare di cambiare l’altro → non sapevate che era così quando l’avete conosciuto?)

Questo non vuol dire che non si debba litigare, a patto che questo sia un confronto che porti a conoscersi di più e costruttivo. In altre parole, una volta finito di litigare non si lascia niente in sospeso.

E non vuol dire che non si passeranno momenti di difficoltà o di poca comprensione, o di silenzi. Certe volte questi possono essere più o meno rumorosi, e sta a chi sta vivendo quei momenti capire quanta importanza darci.

Molti problemi in una coppia nascono perchè le due persone non si conoscono abbastanza. Non parlo dell’altro ma di Sè stessi. Ci si trova a un certo punto a considerare lo stare con l’altro, i figli, il cambio del lavoro (o il mancato cambiamento), lo sport, ecc. come imposizioni dell’altra persona, come problemi o imposizioni derivanti dal fatto di stare con un’altra persona.

Ma siamo così sicuri che la mancanza di libertà, il fatto che un altro voglia che cambiamo, o il fatto che abbiamo cambiato lavoro o no, lasciato degli hobby o cominciato degli hobby sia “colpa” di un Altro o dobbiamo guardare dentro di Noi?

Forse, a volte (?) le risposte dovremmo cercarle più ascoltandoci che negli altri o all’esterno di noi stessi?

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