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Paura di vivere.

Parte 2. La mia Esperienza.

Nello scorso articolo abbiamo visto cosa dicono alcuni autori in merito alla paura di vivere. Riassumendo: Per Lowen la persona “ha paura di aprire il proprio cuore all’amore, paura di scoprirsi o di farsi valere, paura di essere pienamente se stesso. Crediamo che essere trasportati dalle emozioni sia nocivo o pericoloso. […] Questo può farci sentire dolore, ma se abbiamo il coraggio di accettarlo, proveremo anche piacere. Se sappiamo far fronte al nostro vuoto interiore, riusciremo a realizzarci. Se siamo in grado di andare in fondo alla nostra disperazione, scopriremo la gioia.“

A. Russo, riprendendo le parole di Lowen, prosegue dicendo che gli esseri umani, “assorbiti dal successo e dal potere, essi hanno poco altro per cui vivere. Tutti gli individui, in misura diversa, si sentono alienati dai propri simili e ognuno porta dentro di sé un profondo senso di colpa che non capisce: questa è la condizione esistenziale dell’uomo moderno. La sfida all’uomo moderno è di riconciliare gli aspetti antitetici della sua personalità. Il coraggio è una qualità che accomuniamo spesso al concetto di eroismo, riferendoci ai gesti eccezionali di quanti mettono a repentaglio la propria vita per un bene superiore o per la vita di un’altra persona. Solo di rado il coraggio viene esaltato come una virtù da coltivare e mettere in pratica quotidianamente. Non si tratta del coraggio di lanciarsi con il paracadute o di tuffarsi da una roccia a picco sul mare. Ma del coraggio di affrontare tutte quelle paure che trattengono dall’esprimersi compiutamente e dall’affermare la personalità in modo assoluto, senza maschere e timori. La capacità di affrontare la paura del fallimento, del rifiuto, di essere umiliati, di restare soli. Tutti abbiamo queste paure.

Ciò che differenzia è la volontà di riconoscerle, accettarle e affrontarle; infatti, la maggior parte delle persone ignora queste paure, le rifiuta, non le accetta, semplicemente le nega, trova delle giustificazioni. Si sperimenteranno fallimenti e delusioni, sarà inevitabile. Ma queste saranno le pietre miliari lungo il cammino di una vita vissuta con coraggio e schiuderanno uno spazio infinito di gioia, pienezza e felicità.”

Fine. E vissero tutti felici e contenti. Pecorelle felici batuffolose e fiumi di champagne in riva al mare.

Ma è veramente così? Basta leggere una serie di citazioni o per “sconfiggere la paura si può dare di più?”

ParlandoVi della mia esperienza di vita non si può “vivere meglio” se prima non si comincia un lavoro che ci porta a “sentirci”. E una volta raggiunta questa sensazione (il sentire), non è che la strada comincerà ad essere in discesa o il nostro percorso è finito. Vivere (sentire) è un esercizio continuo di ricerca in noi stessi (dentro di noi). Potrete provare o riprovare un’emozione, ma sarete chiamati anche a valutarne le sfumature. E le vostre sfumature saranno diverse da quelle delle persone vicine. Ma cosa farete, combatterete ardue battaglie per i Vostri colori o vi uniformerete al colore tortora della massa?

Contrariamente a quello che le persone pensano, cominciare ad ascoltare sé stessi non vuol dire anestetizzare le emozioni, ma anzi, è dare all’emozione un significato. E imparare da esso.

È “ironico” come il “risveglio”, ovvero il voler cominciare a cercare un significato diverso della vita, nasca con un processo, un punto di rottura con il passato, un malessere.

Se riavvolgo la mia storia, da piccolo son stato bollato da un medico come cattivo, dopo aver scoperto che ero daltonico mi hanno detto che avrei dovuto colorare come gli altri, (per esempio dovevo colorare le foglie verdi come facevano tutti, ovviamente con dei colori con il nome, per uniformarmi). Le suore mi hanno fatto scrivere con la destra, perché la sinistra era la mano del diavolo (nel 1986, non nel Medioevo): questo mi ha portato una “leggera” goffaggine nelle attività sportive, ma logicamente dovevo essere bravo anche in quelli. Ero un bambino sensibile, ma gli uomini non piangono, non devono far vedere le proprie debolezze. Da bambino e adolescente stavo bene da solo, ma guai a non avere amici e conoscenze! Se no non sei nessuno! E poi… scegliere una passione che ti dia da vivere? Ma fai un lavoro che guadagni millemilla euro e comprati una macchina con millemilla di cilindrata. Ah, e lavora tutto il giorno e fai figli (che non riesci mai a vedere perché lavori tutto il giorno e devi pagarti la macchina e andare dal medico a prenderti il maalox perché hai continuamente mal di stomaco).

Tutte queste etichette mi hanno portato a credere di essere sbagliato, di dovermi uniformare alla massa perché, diciamocelo, era più importante ricercare la felicità degli altri. Perché così sarei stato felice anch’io. Questo con il tempo ha portato a varie patologie: depressione, mal di stomaco, dolori alla schiena, ecc.

Ho provato molta rabbia, ho pianto in segreto, ho sofferto molto le parole degli altri. Mi son sentito fuori luogo molto spesso. Non mi sentivo abbastanza, deludevo sempre gli altri.

Allora mi sono detto che dovevo diventare forte, che dovevo sentire poco le emozioni, dovevo anestetizzarle, così avrei vissuto una vita più tranquilla, non facevo vedere niente di quello che “vorticava” dentro di me.

Usando una metafora “artistica”, il mondo era diventato piano piano senza colori.

Ero arrivato a quel punto in cui non bastava più cercare di anestetizzare il dolore.

Mi ero rotto le scatole di “sentirmi sbagliato”, “non essere abbastanza”. Volevo capire “cosa c’era dietro”.

È così che ho cominciato un percorso che mi ha insegnato a guardare dentro di me le risposte e non fuori. Ho scoperto che ho puntato il dito per troppo tempo verso gli altri, pensando che fossero loro il mio problema, o l’origine dei miei problemi, quando invece le loro parole potevano servire a capire più di me.

Ho imparato dei linguaggi per esprimermi (ad esempio l’arte, che mi ha portato dei colori a modo mio o la scrittura, motore della mia arte e traduttrice dei miei ”pensieri dal profondo), che sono allo stesso delle meditazioni per me. Da quando ho cominciato questo percorso,  la mia vita è diventata più creativa, anche nel cercare le varie soluzioni. Ho trovato un obiettivo, ho trovato la mia stella polare.

Ogni giorno cerco di “potenziare” le qualità che mi rendono unico, in un mondo che inscatola e non fa nient’altro se non ripetere all’infinito lo stesso stereotipo. Se il percorso é stato il “costruire” una casa, la vita é comprare i mobili e abbellire la casa come più riteniamo giusto sia per noi.

Ogni tanto può succedere che, non essendo completamente in me abbia una giornata storta, non senta il mio corpo che è arrivato al limite, ma credo che la vita sia una continua ricerca di equilibrio, labile, che finirà il giorno in cui spargeranno le mie ceneri in un mare lontano facendo una festa.

O quando comincerò a leggere romanzi rosa invece che noir. Lì sì il mio daltonismo avrà preso una brutta piega.

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