Cause e Trattamento.
Le distorsioni di caviglia costituiscono circa il 15% di tutti gli infortuni degli atleti: sono più frequenti nel basket, nella pallavolo, nel calcio e nella danza. La maggior parte degli atleti recupera completamente, ma il 20-40% va incontro a dolore e instabilità cronica.
Meccanismi delle Distorsioni.
La lesione legamentosa del compartimento laterale avviene come conseguenza di un trauma discorsivo che si verifica sempre in fase di appoggio monopodalico (su una gamba sola), oppure quando il peso grava prevalentemente su uno dei due piedi.
Nel meccanismo di queste lesioni, molteplici fattori, per es. il tipo di calzature, la forma stessa del piede e la stessa modalità di lesione, assumono notevole importanza.
A determinare la gravità della lesione concorrono poi diversi altri fattori: il peso del corpo, il comportamento dell’apparato muscolo-tendineo e soprattutto l’evoluzione dinamica della lesione, ovvero l’insieme delle molteplici modalità di spostamento del corpo durante l’evento traumatico, che modificano l’atteggiamento della gamba rispetto al piede o delle varie parti del piede tra di loro.
L’apparato muscolo-tendineo (ovvero, nel nostro ambito, l’apparato legamentoso laterale e i muscoli peronei), assume notevole importanza nella stabilizzazione attiva dell’articolazione ed un ruolo determinante nel progredire o meno dell’evento traumatico. Una pronta e valida contrazione di tali muscoli può riuscire ad arrestare l’evolversi dell’evento traumatico, mentre se ciò non avviene il trauma discorsivo prosegue la sua azione lesiva (e avviene la distorsione). Dobbiamo ritenere che l’evento discorsivo si verifichi allora in un momento in cui manca il controllo attivo delle articolazioni interessate o quando vi sia un apparato muscolare non sufficientemente valido.
Le lesioni possono avvenire in modalità statica o dinamica.
Modalità dinamiche.
Si tratta di traumi che avvengono come conseguenza di una inversione forzata del piede in movimento. L’inversione è più frequente dell’eversione.
- Inversione forzata dovuta a un arresto del piede quando il tallone appoggia sul suolo. E’ una lesione tipica del giocatore di calcio. Mentre corre, si trova improvvisamente con il piede portante bloccato da un ostacolo, come il piede di un avversario. Il passo non può proseguire e la forza di propulsione si trasforma in forza di torsione con inversione forzata.
- Inversione forzata per sovraccarico improvviso sul bordo laterale del piede portante. E’ ciò che si verifica quando un individuo sta camminando o correndo e improvvisamente viene spinto dal lato del piede portante. Se il soggetto non è pronto a mettere a terra l’altro piede per spostare l’asse di carico o non subentra una valida contrazione, il piede subisce una torsione all’interno.
Modalità statiche.
Si tratta di quelle distorsioni che provocano una inversione del piede in conseguenza del gravare del peso del corpo sul piede già in atteggiamento di inversione. Anche in questo caso l’inversione è sempre più frequente dell’eversione.
- Inversione forzata per caduta dall’alto. E’ tipica di un giocatore di basket o pallavolo che ritorni a terra dopo una elevazione, oppure di un individuo che sta scendendo le scale o salta a terra da una certa altezza. In tutti questi casi la tibiotarsica si presenta in equinismo e il piede invece di poggiare sul suolo con tutta la pianta dell’avampiede, poggia sul bordo esterno. L’inversione diventa forzata con il peso del corpo che grava sul piede.
- Inversione forzata per appoggio del piede su un piano inclinato. Si verifica praticamente quando il piede portante poggia improvvisamente su una irregolarità del terreno. In conseguenza all’inclinazione del suolo il piede si atteggia in inversione, che diventa forzata con il gravare del peso.
- Strutture interessate nelle lesioni in inversione (modalità dinamica).
Le prime strutture chiamate in causa nei meccanismi in inversione son il legamento del tarso assieme al legamento peroneo astragalico anteriore.
Dopo che il legamento peroneo astragalico anteriore si è messo in tensione, se la contrazione dei peronei arresta l’evoluzione traumatica si ha la semplice distrazione legamentosa; se invece l’evento traumatico prosegue il legamento cede, e si entra nel capitolo delle distorsioni moderate o gravi.
A questo punto l’evento traumatico può esaurirsi perché l’individuo cade a terra o grazie ad un’efficace contrazione dei muscoli peronei, oppure può continuare. In questo caso tutto il peso del corpo grava sul bordo laterale del piede e il fascio peroneo calcaneare viene prima stirato e poi lacerato, provocando contemporaneamente lassità dell’articolazione sotto-astragalica. Nei casi più gravi può stirarsi e cedere anche il peroneo astragalico anteriore.
- Strutture interessate nell’inversione (modalità statica).
Contrariamente al caso preso in esame in precedenza, il piede non è del tutto appoggiato al suolo, ma va adagiandosi in atteggiamento di inversione. La prima parte che poggia a terra è il bordo laterale dell’avampiede, con conseguenza che la prima a risentirne è la parte laterale della medio-tarsica. L’articolazione calcaneo-cuboidea è così forzata in equinismo, supinazione ed adduzione.
L’evento traumatico a questo punto può esaurirsi per una valida contrazione dei peronei. Se questo non avviene e l’evento traumatico prosegue (e questo è il caso più frequente), esso investe il compartimento collaterale della tibio-tarsica e la sotto-astragalica, perché il peso del corpo, nel frattempo, si è spostato dall’avampiede al retro piede. Allora si ripetono le identiche situazioni dell’inversione forzata con modalità dinamica.
Cause e fattori predispondenti.
Va ricordata l’esistenza di cause e fattori predisponenti alle distorsioni per inversione della caviglia. In primo luogo il piede cavo (di grado vario) ed in misura minore l’iperlassità capsulo legamentosa costituzionale, più tipica nel sesso femminile. A questi due elementi si aggiungono gli episodi precedenti, i quali possono aver indebolito anatomicamente e funzionalmente l’articolazione.
Dopo aver analizzato quali strutture siano interessate nella distorsione per inversione nella modalità statica che dinamica, possiamo sottolineare che, in base alla forza traumatica, l’evoluzione del trauma discorsivo si accompagna sempre a un corrispondente grado di lesione dei legamenti.
Classificazione delle Distorsioni.
Si possono distinguere:
- I grado (distorsioni lievi). Nelle distorsioni lievi in inversione della caviglia, il legamento viene solo stirato senza la comparsa di rotture macroscopiche. E’ presente una modesta tumefazione o dolorabilità, il danno funzionale è assente o minimo e non compare instabilità articolare.
- II grado (distorsioni moderate). Nella distorsione di grado 2, vi sono una parziale rottura del legamento con moderata tumefazione e dolorabilità, una certa perdita della funzione articolare e una lieve instabilità.
- III Grado (distorsioni gravi). Vi è una rottura completa dei legamenti (LAPA e LCP) con tumefazione, ecchimosi e dolorabilità, incapacità di sostenere il peso sull’arto e instabilità meccanica dell’articolazione. Nel caso di questo tipo di lesione possono avvenire casi di rottura in punti diversi del legamento. Nel primo caso troveremo lesioni isolate del legamento peroneo astraglico anteriore. La disinserzione peroneale e la lesione del terzo medio sono le varietà più frequenti. Nel secondo caso troviamo, oltre alla rottura del legamento peroneo astragalico anteriore, anche la lesione del peroneo calcaneare, in genere nel terzo medio. Nel terzo caso si associano lesioni combinate ai legamenti peroneo astragalico anteriore, peroneo calcaneare e peroneo astragalico anteriore.
Importante sottolineare che nelle distorsioni il trauma interessa principalmente i legamenti peroneo astragalico anteriore e peroneo calcaneare. La loro lesione può verificarsi nel contesto stesso del legamento con una sezione più netta o più frequente con una sflilacciatura a coda di cavallo, oppure a livello dell’inserzione scheletrica distalmente o prossimalmente. In quest’ultimo caso i legamenti possono strapparsi dallo scheletro o staccare una piccola parte ossea che trascinano con sé. Tale evenienza è molto frequente in soggetti giovani che possiedono forti legamenti o in persone anziane che hanno ossa fragili.
Queste tipologie di distorsioni devono sempre essere valutate attentamente da personale autorizzato (medici o masso-fisioterapisti).
Complicazioni nelle Distorsioni alla Caviglia.
Si possono associare frequentemente: lesioni del legamento del seno del tarso, fessurazioni osteocondrali dell’astragalo, fratture parcellari del malleolo laterale da strappo o frattura verticale del malleolo tibiale da compressione da parte dell’astragalo, rottura di guaina o tendini, sublussazione o lussazione dei tendini peronieri.
Indagine Clinica.
I criteri diagnostici per una corretta impostazione terapeutica sono rappresentati da un’anamnesi, esame clinico e radiografico.
L’indagine clinica deve procedere con:
1)Anamnesi.
Precisa identificazione delle circostanze del trauma, modalità di comparsa, durata e caratteristiche del dolore, ed eventuali precedenti traumatici con preesistente “insicurezza articolare di caviglia”.
2) Esame clinico.
Ispezione: sede e caratteristiche dei punti di massima dolorabilità a livello dei diversi fasci.
Manovre funzionali: valutazione, mediante test funzionali, di instabilità e rotture legamentose.
- Test del cassetto anteriore: per l’instabilità legamentosa. La caviglia viene esaminata è ad angolo retto, non in flessione plantare, in quanto andremmo a tendere i legamenti stirati. La mano dell’esaminatore stabilizza la parte distale della tibia e palpa la faccia anteriore dell’articolazione. L’altra mano è collocata dietro al calcagno e spinge in avanti l’astragalo fuori dall’articolazione. Il test è positivo quando c’è uno spostamento anteriore dell’astragalo maggiore di 5 mm rispetto all’arto opposto, confermato dalla radiografia.
- Test dell’inversione: il collo del piede è tenuto in posizione neutra e l’esaminatore sostiene le parti distali della tibia mentre palpa lo spazio articolare antero-laterale. Spingendo sull’astragalo e sul calcagno compie una inversione forzata. Il test è positivo se le tangenti alla superficie tibiale ed astragalica formano un angolo compreso fra 5 e 10 gradi. Se nel test si crea un angolo superiore a 20° ci troviamo davanti a una grave lesione del compartimento esterno.
Vengono effettuati dei test per valutare eventuali problematiche alla sindesmosi:
- Test di compressione: si esegue afferrando dal davanti la parte prossimale della gamba e stringendo perone e tibia, comprimendo così i legamenti interossei. Se esiste una lesione della sindesmosi, il paziente accusa dolore alla parte distale dell’articolazione di caviglia.
- Test di stress in rotazione esterna: viene eseguito con la caviglia in posizione neutra e ginocchio flesso a 90°. Il medico, mentre stabilizza con una mano tibia e perone, con l’altra ruota esternamente la caviglia. Un dolore nella zona della sindesmosi indica una sua lesione.
- Nello shuck test tibioastragalico (Cotton), il medico tiene con una mano la parte inferiore della gamba, mentre con l’altra applica, alternativamente, una forza in direzione mediale o laterale sull’astragalo. Un dolore alla sindesmosi o una sensazione di cedimento (come in tutti i casi un confronto con il lato sano è utile) indica una lesione ai legamenti della sindesmosi.
3) Esami Radiografici.
Radiografia: Senza e sotto stress, sia per vedere se presenti eventuali lesioni scheletriche associate, sia per confermare le eventuali lassità laterali ed il cassetto astragalico. Nel primo caso abbiamo una proiezione antero-posteriore per escludere qualsiasi tipo di frattura (solitamente ben visibili con questo esame) e nel secondo caso proiezioni dinamiche eseguite sotto carico, eseguendo il test dell’inversione.
L’ecografia, capace di fornire informazioni abbastanza accurate circa l’estensione e la sede delle lesioni legamentose acute, non sembra ancora in grado di evidenziare parametri “funzionali” precisi come nel caso del tilt radiografico tibio-astragalico.
La tomografia assiale computerizzata è sicuramente molto utile nella individuazione delle fratture osteocondrali del domo astragalico che se non riconosciute possono, con il tempo, essere responsabili di rilevanti disturbi funzionali.
La Risonanza Magnetica Nucleare è l’indagine strumentale elettiva per la valutazione del danno legamentoso e per la dimostrazione di eventuali lesioni osteo-condrali associate; risulta,inoltre, particolarmente indicata nello studio dell’articolazione sottoastragalica la cui valutazione clinica è in genere assai difficile .
Quadro clinico e scelta del trattamento a seconda del grado di lesione.
Nel trattare i diversi quadri clinici e il successivo trattamento faremo riferimento alla classificazione generale delle lesioni, ampliandone l’analisi, specificando, nel caso di quelle più gravi, quali sono i legamenti interessati nell’evoluzione dinamica della lesione.
Come linea guida generale avremo sempre una Fase acuta (che varia in base al grado di lesione), seguita da una Fase subacuta in cui cominceremo con il trattamento riabilitativo.
Nella fase acuta il trattamento è di:
- Fasciature a compressione elastiche e crioterapia (continua o ad intervalli) per controllare il versamento
- Riposo con arto antideclive (48 – 72 ore)
- Farmaci antinfiammatori od antiedemigeni
- Terapie fisiche dal 3° giorno per l’incremento di drenaggio del microcircolo.
Lesioni di I grado (distorsioni lievi).
In questo tipo di distorsioni rileviamo un modesto processo edematoso con talvolta un piccolo ematoma laterale. La dolorabilità è minima, ed è localizzata nella zona premallolare laterale, alla palpazione verrà evocato un dolore al legamento peroneo astragalico anteriore interessato dal trauma e una lieve limitazione antalgica dei movimenti articolari.
L’esame clinico non rileva dolore nei movimenti normali e nessun movimento abnormale, anche se vi è un modesto dolore applicando la sollecitazione che ha causato la lesione iniziale.
Lesioni di II Grado (distorsioni moderate).
Il paziente in questi casi racconta di aver subito una brusca inversione del piede seguita da una caduta con dolore forte e immediato. Egli riesce ancora a camminare, ma con zoppia, perché il carico provoca dolore. Quasi sempre queste distorsioni costringono il paziente a recarsi dal medico per la gravità dei sintomi. Si ha uno stravaso ematico con notevole tumefazione precoce, ecchimosi tardiva in zona declive, appianamento dei solchi perimalleolari e dolore alla palpazione, soprattutto sul decorso del L.A.P.A. e sull’angolo peroneo-tibiale.
Il tentativo di riprodurre le forze che hanno causato la lesione provoca un forte dolore, ma non si riscontrano movimenti anormali perché una parte del legamento è intatta, quindi i segni clinici e radiografici del cassetto astragalico e dell’inversione saranno negativi.
Trattamento caviglia.
Essendoci instabilità della caviglia, la prima parte del trattamento sarà protettivo. Seguiremo le linee guida della fase acuta, ma in questo caso useremo anche degli apparecchi gessati (tutori per la caviglia) per 2 – 3 settimane, fino alla cicatrizzazione del legamento, seguito da riabilitazione.
Lesioni di III Tipo (distorsioni gravi).
Con questo tipo di lesione la sintomatologia è sempre più evidente e ripete in maniera marcata quella delle lesioni di II grado.
Trattamento
Deve ripristinare l’integrità del legamento e permettere che esso cicatrizzi con la sua normale lunghezza e resistenza. Questo non è sempre possibile soltanto con l’immobilizzazione, perchè il legamento è rotto e non c’è la possibilità che le estremità si riallineino da sole.
E’ compito dell’ortopedico decidere se optare per il trattamento chirurgico o no, e tale decisione deve essere presa in considerazione vedendo la gravità della lesione, il soggetto interessato, ma sopratutto l’instabilità articolare.
Quando si riscontrano gravi instabilità (accertate da prove cliniche e radiografiche) in pazienti giovani e attivi, meglio ancora se praticanti sport e con lesioni discorsive precedenti, il trattamento è chirurgico. Una volta determinata la necessità di questo tipo di risoluzione, conviene farlo senza temporeggiare, in quanto l’intervento tardivo non è favorevole come quello precoce.
Complicanze tardive:
- calcificazioni para articolari: espressione di fenomeni degenerativi dei legamenti e della capsula;
- rigidità postraumatiche: in seguito alla prolungata immobilizzazione, seguite da limitazione articolare;
- l’edema residuo;
- lassità legamentosa: con problemi di recidive e di artrosi secondaria per sovraccarico funzionale su alcune zone di cartilagine.
Massaggio Posturale endogeno
Se la problematica della distorsione di caviglia non è passata con gli interventi classici è perché i Trattamenti non sono stati effettuati sulla vera Causa, ma su una conseguenza. È come avessimo lavorato per tutto il tempo su un buco su un muro di casa nostra, rattoppandolo con le più moderne tecniche. Dimenticandoci però che magari quel buco poteva essere creato da una perdita d’acqua o qualcos’altro. E finché non trattiamo quella perdita d’acqua, il buco potrà aprirsi ancora e ancora, mandando in malora migliaia di euro spesi per “fantomatiche tecniche moderne”.
É indispensabile allora che il terapista adotti una visione globale, in modo da capire e interpretare l’origine del dolore.
Con questo non voglio dire che il dolore dovuto alla distorsione della caviglia non sia importante.
Oltre a questo bisogna però risalire alla causa del problema.
È indispensabile allora trattare l’individuo dopo un attento approfondimento della Vita della persona (stili di vita, lavoro, sport: tutti dati che servono per capire meglio di cos’ha bisogno la persona) per creare un Trattamento personalizzato, visto che tutti siamo diversi.
Bisogna rendersi conto che la problematica altro non è che una CONSEGUENZA che se trattata a sé stante potrà portare ad usura, alterazioni posturali (iperlordosi, cifotizzazione), e deformazioni ossee (ad es. artrosi, stenosi, ernie, spine ossee, ecc.).
Per risolvere la patologia che causa i problemi della distorsione di caviglia e prevenire nel tempo è utile il Massaggio Posturale Endogeno, una metodica di lavoro che ho sviluppato negli anni. Questa metodica è utilizzabile anche in abbinamento con altri trattamenti, come trattamenti connettivali, massaggio sportivo, osteopatia e macchinari come la pressoterapia. Il Massaggio Posturale Endogeno permette di lavorare direttamente sulla causa del problema, grazie a una valutazione globale sul paziente (per personalizzare il percorso di Trattamenti) e l’uso delle migliori tecniche di massaggio (connettivale, miofasciale, massaggio trasverso profondo) e della Riflessologia (plantare, viscerale, metamerica).
Il Massaggio Posturale Endogeno permette di lavorare direttamente sulla causa del problema, grazie all’uso di una valutazione globale sul paziente (per personalizzare il percorso di Trattamenti) e delle migliori tecniche manuali della medicina occidentale e della Riflessologia.
Un esempio di lavoro che viene effettuato all’interno di una seduta è, ad esempio:
- La prima parte eseguita su zone e aree della colonna vertebrale, addome e piedi: qui si concentrano le maggiori rigidità e problematiche. Le aree e i punti da trattare sono personalizzati.
- Nel trattamento sintomatico è utile “l’eliminazione” dei Punti Trigger, punti che provocano il dolore, situati nel muscolo (che può essere trattato anche con manovre decontratturanti).
- Può essere inoltre utile il Trattamento del diaframma che è collegato con parti del corpo come la zona lombare (quindi può essere causa di rigidità dei muscoli di questa zona e provocare come conseguenza il mal di schiena). Respirare meglio può anche aiutarci a migliorare gli stati di stress , donarci un miglior rilassamento generale e migliorare la Nostra Postura.
- Postura che ovviamente può essere migliorata o corretta con esercizi che, oltre a donarci una migliore elasticità e mobilità, stimolano endorfine con conseguente miglior sopportazione al dolore.